di Keith Richards
Feltrinelli, Milano, 2010 - 505 pagine; 24 euro
Happy. L'incredibile avventura di Keith Richards
di Massimo Del Papa
Meridiano Zero, Padova, 2010 - 159 pagine; 10 euro
La definizione di leggenda vivente non è abusata per certe rockstar, in specie quelle arrivate alla fama negli anni sessanta. Figure capaci di smuovere il proprio tempo, di deviare la storia del costume, di rendere più bella la vita minuta delle persone. E al contempo sopravvissuti quando è andata loro bene, kamikaze del corpo e della mente, liberi curiosi di talento incaricati di alzare l’asticella per primi, e chi ha voglia di saltare poi salti. Pensate a gente come Lou Reed o Pete Townsend; oppure a uno come Iggy Pop, a quante volte è morto e risorto, saltando su e giù per il palco a petto nudo che sembra un martire. Ma il numero uno in questo campo di eletti è indiscutibilmente Keith Richards. Basterebbe l’elenco delle voci, di quanto crediamo di sapere sul suo conto: che ha attraversato da tossico gli anni settanta, non dormiva per giorni interi di fila, ha sniffato le ceneri di suo padre, si faceva cambiare il sangue. E in mezzo a tutto questo la musica, le orge, gli arresti, l'anello col teschio, la bandana da pirata e il circo dei Rolling Stones. Di materia ce n’è parecchia nella sua vita, però non è scontato che ci sia pure il libro. E invece il libro c'è, tanto da chiedersi: con quale spirito torneremo a leggere un qualunque romanzo popolato da tipi estremi, dopo aver letto life? Il sale di questi tomi sono la sincerità e l'onestà. Assistito da uno scrittore (James Fox) suo amico, Keith non ha paura di mostrarsi piccolo e di rendere giustizia ai grandi. Ha molte storie, moltissimi personaggi da raccontare, e lo fa senza reticenze e con infiniti particolari. La lucida affezione con cui tratta i suoi amici e le sue donne oppure racconta le sue disavventure, la passione che riserva alla chitarra, il discernimento perfino disarmante con cui rievoca quello che noi nebulosamente soltanto immaginiamo rende davvero giustizia al titolo: life, vita (Feltrinelli non traduce i titoli dei libri dei musicisti, forse perché li tratta come canzoni; ma anche As tears go by, quattro anni fa al Meazza, è tornata Con le mie lacrime). Qualche assaggio. Gli anni con Anita Pallenberg, la mamma dei suoi due primi figli (“ricordo ancora l'odore degli aranci, a Valencia. Quando vai a letto con Anita Pallenberg, certe cose le ricordi”). Brian Jones che si compra la Rolls Royce, ma è talmente piccolo che ha bisogno di un cuscino per poterla guidare. Quando Keith si porta il figlio Marlon di sette anni in tour nel ’76 (avete mai visto una foto di Keith in quegli anni? Eppure si sforzava di fare il papà). L'amico del cuore, il sassofonista Bobby Keys, licenziato dai Rolling Stones perché non si presenta a un concerto (stava immerso in una vasca di Dom Perignon in compagnia dall'ultima groupie). John Lennon che prendeva la stessa roba di Keith, ma non la reggeva e “finiva inevitabilmente nel mio cesso ad abbracciare la porcellana”. Il fidanzato della Pallenberg che si ammazza giocando alla roulette russa. L'amico (e spacciatore) Freddie Sessler, uno che a quindici anni aveva visto suo zio e suo nonno torturati e poi uccisi a pistolettate da due nazisti, mentre lui si teneva stretto a sua nonna. Quella volta che Keith è rimasto sveglio NOVE giorni di fila e, confessa, si preoccupava per quelli intorno a lui, cui toccava in mala sorte dormire. Le recensioni si sono concentrare sugli aneddoti che riguardano Mick Jagger, ma per lui bastano queste parole: “Può essere che io e Mick non siamo amici – nel nostro rapporto c'è troppa usura – ma siamo i fratelli più vicini che esistano, ed è un legame che non si può recidere.” E poi: “tra fratelli si litiga. […] Allo stesso tempo, non posso sentire nessun altro dire qualcosa su Mick. Gli taglierei la gola.” Capito?
E' un Natale Stones, questo del 2010 (e ci voleva, dopo tanti Natali Beatles). Oltre a life, Contrasto propone Photobook, una raccolta di foto di Mick Jagger, e Rizzoli pubblica Ronnie, l'autobiografia dell'altro chitarrista Ron Wood (in Italia i due memoir escono contemporaneamente, ma Ronnie in realtà è del 2007). Poi c'è anche Happy, un altro libro su Keith Richards scritto da Maurizio Del Papa, un giornalista del Mucchio Selvaggio. Il libro del fan. Di chi ha sempre guardato a Keith, lo ha visto in concerto, ha letto e sognato di lui e lo ha incrociato ogni tanto, ma di sicuro non lo conosce. Parrebbe un libro un po' sfigato – perché leggerlo, così leggero e sentito dire, quando c'è in giro l'originale? E invece è il perfetto libro complementare, perché descrive con devozione e competenza l'idea di Keith Richards e la sua immagine (chi non vorrebbe essere come lui, si chiede Del Papa? Chi non vorrebbe provare la stessa insofferenza selvaggia di fronte alle convenzioni, trovare il coraggio di non piegarsi, di non farsi dire cosa fare, di fare sempre e comunque di testa sua?). E poi è un libro che, su alcuni indizi, dà voce a una paura universale. A dicembre Keith Richards compie 67 anni. Dell'ennesimo tour degli Stones per il cinquantennale del gruppo, nel 2012, si vocifera appena. L'ultimo album in studio ha ormai cinque anni. Keith invecchia. Keith non è immortale. Negli ultimi anni è stato male e quei baffetti che si è fatto crescere negli ultimi tempi sono riusciti a imbruttirlo, anche dal punto di vista del diavolo. Che cosa succede di noi, se lui muore? (il.p)
The Rolling Stones - Happy live in Paris '76
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