Casa degli Atellani. Courtesy by Fondazione Portaluppi

mercoledì 5 maggio 2010

Recensione del giorno

Watchmen
di Alan Moore e Dave Gibbons
DeAgostini, Milano, 2007 - 464 pagine; 35 euro.

Difficile avvicinarsi ai fumetti. Ancora più complicato riavvicinarsi a essi. Difficile soprattutto ignorare le strisce già lette e scansare quei pensieri che ci hanno portato ad abbandonare la collezione di Tex e le avventure dell’Amazing Spiderman. Si può ripartire dalle vignette pubblicate sui periodici, che si leggono sempre, al bagno magari, sempre in effetto acquerello. Oppure, scoprire chi illustra le pagine di R2, effettivamente in acquerello fin dall’inizio. Alcuni guardano gli ultimi film di Batman o Sin City.
Io ho letto Watchmen, testi di Alan Moore, disegni di Dave Gibbons. Serie pubblicata dalla DC Comics in America negli anni ’80, nell’anno 2007 raccolta da De Agostini in un volume 20x30, bello e cartonato. Edizione definitiva e assoluta, 464 pagine, contenuti speciali.
Il contesto storico è fantastico ma credibile. Il rovesciamento di alcuni accadimenti chiave configura un presente alternativo, parallelo al reale. L’anno è il 1985: Nixon è ancora al potere, in barba al XXII emendamento e allo scandalo Watergate. L’Unione Sovietica ha appena invaso l’Afghanistan e gli Stati Uniti hanno vinto la guerra del Vietnam. Inoltre è conosciuto e accettato il fatto che qualcuno può viaggiare su Marte. I Watchmen non sono supereroi, non hanno superpoteri. Rorschach, Gufo Notturno, Dottor Manhattan, Ozymandias, Spettro di Seta e Il Comico. Sono i guardiani della città, un gruppo di vigilanti e giustizieri in costume. Un tempo compagni uniti nella lotta al crimine, ora fuorilegge. Qualcuno di loro ha deciso di rivelare la propria identità, altri continuano a ripulire le strade, altri ancora si sono ritirati dall’attività. Watchmen è un fumetto catastrofico, lontano dalle convenzioni del genere. Lo studio dei drammi personali dei protagonisti ricorda il realismo di Flaubert, i molteplici piani di lettura richiamano la struttura de Il nome della rosa, la maniacale dispersione di simboli e di flashback è la stessa del serial Lost.
Una menzione particolare per l’inserto metanarrativo: I Racconti del Vascello Nero, dove forse risiede il significato ultimo di Watchmen.

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