Educazione siberiana
di Nicolai Lilin
Einaudi, Torino, 2009 - 343 pagine; 20 euro
La Transnistria è un pezzo non riconosciuto. Una regione indipendente, sotto tutela russa, sdraiata sul fianco della Moldavia. Vicino all’Ucraina, sulla sponda sinistra del fiume Nistro. Lì vive una comunità siberiana, una comunità criminale di quaranta famiglie deportate, per volere di Stalin, negli anni ’30. E tra queste c’è la famiglia di Kolima, un giovane Urka di tredici anni che studia e impara da combattente, da fuorilegge. Educazione siberiana è la storia ricordata di un universo cancellato, di una cultura perduta, fondata sul principio molto discutibile della violenza giusta. Perché i siberiani della Transnistria hanno un codice di comportamento basato sull’esercizio della forza in un contesto sociale senza autorità statali riconosciute, senza legge. Il potere è riconosciuto nella figura degli anziani, i nonni, perché la loro memoria tiene viva la comunità e i loro racconti formano i ragazzi, secondo i valori criminali di una giustizia così alternativa da essere possibile. Una parola potrebbe bastare: mafia. Nicolai Lilin racconta la sua storia tra galera, guerriglia urbana e tatuaggi. Resta un romanzo di formazione: ripetitivo e disorganico.
martedì 1 giugno 2010
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