Quando avevo cinque anni, mi sono ucciso
di Howard Buten
Giovanni Tranchida editore, Milano, 2009 - 194 pagine; 14 euro
Tutto il libro si può racchiudere in un’unica scena: due bambini fradici di pioggia, si nascondono in un’auto lussuosa esposta in un negozio. Lui alza il finestrino, gira la chiave e immagina di lanciarsi in viaggio. Lei gli si rannicchia di fianco pronta a seguirlo. Burt e Jessica sono i protagonisti di questa storia legati da un amore profondo e dal disagio che provano a vivere in una società regolata dalle esigenze degli adulti.
La narrazione è condotta in prima persona da Burt che, in un continuo rimando tra presente e passato, ci racconta del suo ieri fatto di pomeriggi con l’amico Schrubs, concorsi di ortografia, pupazzi con cui giocare e, soprattutto, fatto di Jessica il suo Amore, e il suo oggi che ha l’orizzonte limitato da sbarre di un centro di neuropsichiatria infantile. Quello che separa il prima dal dopo lo scopriamo lentamente, con l’amaro in bocca e con la semplicità dello sguardo di un bambino che con innocenza smonta a poco a poco le sovrastrutture dei grandi. Resta la voglia di gridare “Ma non lo capite?”(adl)
venerdì 12 febbraio 2010
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